Era il 2006 e in sala a vederlo eravamo moltissimi compagni. Tutti inorriditi dalla storia raccontata dal film di Tornatore: allevamenti di bambini gestiti in Ucraina dalla malavita che costringeva ragazze povere a cedere il proprio utero per creare bambini da vendere a ricche coppie sterili. Oggi – sdoganato da Niky Vendola ed esaltato da tanti nella “sinistra” (non tutti, per fortuna) – l’utero in affitto, considerato fino a ieri un abominio, è diventato uno dei tanti “diritti umani” da difendere. Ad esempio, facendo quadrato sulle iniziative di alcuni sindaci (tra i quali de Magistris e Appendino) che, disinvoltamente interpretando una sentenza del Tribunale di Trento, sono oggi attaccati dalla Lega.
Sul cosiddetto “diritto alla genitorialità” che sta alimentando un colossale business forse sarà il caso di ritornarci. Ma forse è meglio dare subito una occhiata ad una davvero infame clausola che regola i “contratti” delle sempre più numerose agenzie che producono bambini da vendere: se il neonato non è “sano” (ad esempio down) se lo tiene la madre. Il cliente ha sempre ragione. È il capitalismo, baby.
Francesco Santoianni