Ma davvero dietro l’OK del Governo Conte al TAP ci sarebbe una marchetta che il Movimento Cinque Stelle ha dovuto pagare a Trump? La “notizia” (che ribalta la vulgata, finora dominante, di un Movimento Cinque Stelle asservito a Putin) dilaga su tutti i mainstream, insieme alle farneticazioni secondo le quali non ci sarebbe stata nessuna “penale” (termine inesatto utilizzato da di Maio che, verosimilmente avrebbe dovuto parlare di risarcimento dei danni economici, anche se la sostanza non cambia) da pagare in caso di blocco del TAP. Ma come stanno davvero le cose? Prima, alcune considerazioni (spero non troppo impopolari negli ambienti che frequento) sul famigerato TAP (imposto dal governo Monti e ratificato con un Trattato dal governo Letta) e su alcune argomentazioni – per me poco convincenti – dei suoi oppositori.
Per quanto riguarda quelle paesaggistiche va detto che, a Marina di Melendugno, la spiaggia di San Foca (punto di approdo del gasdotto) non ha affatto quelle caratteristiche naturalistiche e paesaggistiche di molte altre aree della costa salentina e non si comprende perché mai l’interramento, a dieci metri di profondità, di tubi, del diametro di 120 centimetri, potrebbe arrecare una compromissione paesaggistica o naturalistica considerando, ad esempio, i tanti gasdotti che approdano oggi in Italia o i tanti scavi che vengono effettuati, senza particolari remore, nei centri storici delle nostre città o nelle nostre coste.
Analoghe considerazioni per i restanti otto chilometri di gasdotto TAP e del successivo gasdotto SNAM (56 km) che si collegherà al Terminale di Ricezione alla rete nazionale di Snam a Mesagne. Sull’intero tracciato del gasdotto dovrebbero essere spiantati, e poi ripiantati a fine lavori, sul tracciato TAP circa 1.900 ulivi e sul tracciato SNAM, 8.000 ulivi. Una operazione di routine e senza particolari rischi per questi alberi, in una regione (60 milioni di alberi di ulivi) che ha già visto, nel solo 2017, 2.500 ulivi spostati, per far posto alle nuove condutture dell’Acquedotto pugliese. Per quanto riguarda, invece, il rischio di davvero improbabili disastri connessi al gasdotto (che si direbbero enfatizzati anche dalle lobby del carbone dopo l’incidente di Baumgarten) è da notare che nessuno, o quasi, finora si è preoccupato dei quasi 40mila chilometri di grandi metanodotti dorsali in alta pressione che da decenni attraversano l’Italia, anche in aree fortemente sismiche.
Più convincenti, invece, appaiono altre critiche al TAP quali, ad esempio, l’antiecomomicità dell’opera (attualmente, in Italia c’è già un eccesso di offerta di gas), e, la probabile destinazione del gas nella stagione estiva (periodo di basso utilizzo): i pozzi di gas esausto nella Val Padana. Uno stoccaggio denso di pericoli ma che non ha suscitato nessun movimento di protesta degno di nota.
Si, ma allora perché – con davvero flebili argomentazioni – è cresciuto il Movimento No-TAP? Sostanzialmente perché vivendo di luce riflessa dal ben più poderoso Movimento No-TAV (che, giustamente, si batte da anni contro un progetto molto più devastante di quello del gasdotto salentino) ha suscitato l’attenzione di molti sindaci salentini che, verosimilmente, speravano e sperano di ricevere, anch’essi per il loro Comune, i 500.000 euro ogni anno previsti per il Comune di Melendugno. Ad alimentare ulteriormente questo movimento: il suggerimento del Governatore della Puglia, Michele Emiliano, di cambiare l’approdo del TAP da Marina di Melendugno al Porto di Brindisi (una proposta certamente ragionevole se non fosse che era avanzata da Emiliano DOPO l’emanazione del decreto imposto dal PD “Sblocca Italia” che estrometteva le Regioni da qualsiasi ruolo nella realizzazione di “opere strategiche”); il tracotante diniego delle autorità ad attuare la VIA e a concedere, l’Accesso agli Atti (concesso dal Ministero dell’Ambiente solo nel settembre di quest’anno) e, soprattutto, le promesse preelettorali di sospendere subito i lavori del TAP da parte di attivisti Cinque Stelle, divenuti poi parlamentari o ministri.
Promesse svanite dopo l’incontro tra Mattarella e Aliyev (presidente dell’Azerbaijan, dove si trovano i giacimenti di gas) che chiedeva il rapido completamento del gasdotto, e l’annuncio di Conte, che evidenziava i danni economici (20-35 miliardi di euro) da pagare a seguito dell’interruzione dei lavori. A questo punto, tutti i media mainstream e pure la “sinistra antagonista” a sghignazzare che, per il nostro Paese, “non ci sarebbe stata nessuna penale“ . In più, come già detto, il no allo stop dei lavori veniva addebitato ad un inconfessabile accordo tra Conte e Trump incontratisi qualche settimana prima. Ovviamente, su questo ultimo punto, nessuno si degnava di segnalare che il gasdotto TAP è di una portata inconsistente rispetto all’approvigionamento di gas che la Russia garantisce oggi all’Europa e che la stessa Russia è interessata alla realizzazione del TAP, sia per collegarci il suo gasdotto North Stream 2, sia per limitare il business della navi gasiere (che si apprestano a soppiantare i gasdotti) saldamente tenuto in mano dagli USA.
Tra l’altro, è davvero surreale che le critiche al Governo Conte di arrendersi davanti ai danni economici di una disdetta del contratto provengano da quegli stessi “rivoluzionari” che – in nome dello “Stato di Diritto” criticavano l’impegno del Governo a disdire unilateralmente il contratto con Atlantia ai tempi del crollo del Ponte di Genova.
Ben altre sarebbero le considerazioni da fare, soprattutto dopo la bocciatura della TAV voluta dai Cinque Stelle al Comune di Genova. Ad esempio, denunciare l’illusione dei Cinque Stelle di poter portare avanti un programma a difesa delle masse popolari “soltanto” con una maggioranza parlamentare e stando al governo. Senza, cioè, preoccuparsi di neutralizzare i veri poteri del Capitale che stanno annidati nei Consigli di amministrazione, nella “giustizia borghese”, nella burocrazia, nei media… Sarebbe stata una operazione salutare per i milioni di italiani che hanno votato Movimento Cinque Stelle e per le migliaia di suoi sinceri attivisti.
Sarebbe stata una salutare iniziativa, ma non lo è stata. Anche perché, qui sul web, l’unica cosa che la “sinistra antagonista” riesce oggi a dire è chiedere le “dimissioni del Governo” e annunciare controproducenti manifestazioni “contro il razzismo e il fascismo”.
Francesco Santoianni
Articolo ripubblicato su Comedonchisciotte