Leggere tra le righe: l’arte della Grafologia giudiziaria
Pubblicato su Newton n. 10 Ottobre 1998
Messaggi tra le righe
<<Per la mia vita! Questa è la calligrafia della mia signora. Queste sono proprio le sue C, le sue U, le sue T, ed è così che ella scrive le sue P maiuscole. Senza discussione, è la sua scrittura!>> Ma Malvolio, protagonista della “Dodicesima Notte” di William Skakespeare si sbaglia perché quella lettera è stata scritta non da Olivia ma dalla sua ancella Maria che, infine, confessa: <<So scrivere in modo molto somigliante a quello della mia signora.>> Molto somigliante, non uguale. Perché, è assolutamente impossibile per una qualsiasi persona, fosse anche un abile falsario, scrivere una lettera usando il tratto grafico di un’altra persona. Il perché è da ricercarsi nel meccanismo stesso della scrittura la quale può essere assimilata ad un elettroencefalogramma che, registrando gli impulsi elettrici del cervello e relazionandosi ad innumerevoli caratteristiche fisiologiche e psicologiche, finisce per essere un elemento assolutamente unico, inimitabile.
Ma come smascherare uno scritto contraffatto? Intanto conoscendo i vari metodi di falsificazione. Il più banale è certamente il ricalco che, producendo uno scritto clamorosamente tremolante e indeciso, di certo non passa inosservato al perito grafologico. Nella contraffazione di lunghi documenti, invece, il sistema più utilizzato è quello “a mano libera”: il falsario, dopo avere acquisito alcuni tratti salienti della scrittura da contraffare ed essersi esercitato scrive il testo. Apparentemente questo sistema può apparire meno pericoloso del primo in quanto il tratto grafico appare “naturale” e quindi non suscita particolare attenzione; in realtà è un sistema suicida per il falsario poiché il testo contraffatto, non solo non supererà una perizia grafica degna di questo nome ma, addirittura, rivelerà inevitabilmente in alcuni tratti l’identità di chi l’ha vergata. La diffusione degli scanner ha poi portato in auge un sistema fino a qualche tempo fa estremamente complicato nel quale le lettere componenti uno scritto venivano dapprima fotografate, ritagliate, riassemblate in un nuovo scritto e poi, con infinita pazienza e speciali pennelletti, vergate a ricalco. Oggi computer e scanner rendono rapidissima l’elaborazione del nuovo documento mentre la stampa di questo è affidata a speciali plotter che, variando il flusso di inchiostro, riescono a simulare una diversità di pressione.
Ma come rispondono i grafologi ai falsari del 2.000? Lo abbiamo chiesto a Marisa Aloia, Presidente dell’Associazione Grafologi Professionisti e organizzatrice del Secondo Convegno Nazionale “Criminologia Grafologica”, tenutosi nel giugno di quest’anno a Prato.
<<“Non esistono delitti perfetti, ma solo investigatori distratti” sentenziava Sherlock Holmes. Una frase questa che potrebbe essere il motto del lavoro del perito grafico. Una professione fatta certamente di esperienza, acume e capacità di osservazione ma, soprattutto, di continuo aggiornamento sulle tecnologie utilizzate dai falsari; come il sempre più diffuso laser che, con sbalorditiva precisione, permette di rimuovere le tracce di inchiostro, ad esempio dagli assegni e di apporre un nuovo importo o un nuovo nominativo. Per smascherare queste contraffazioni i metodi tradizionale di indagine in Grafologia (la lampada a raggi ultravioletti, la foto all’infrarosso, il microscopio stereoscopico…) non sempre sono sufficienti e bisogna ricorrere a strumenti più sofisticati come gli spettrofotometri a filtri o, addirittura, la microsonda protonica.>>
L’irrompere della tecnologia riguarda anche l’accertamento delle scritture?
<<Ancora no. L’identificazione automatica della scrittura, nonostante gli ingenti investimenti in questo campo della ricerca, muove ancora i primi passi. La Smartpen, ad esempio. È una penna “intelligente” con una impugnatura dotata di particolari sensori che misurano la pressione delle dita della mano scrivente. Un microchip, situato sulla punta della penna, è in grado di collegarsi con la rete informatica bancaria, dove sono depositati i dati personali, la firma e la pressione esercitata dal titolare del conto nell’impugnare la penna. Comunque, al di là della mutabilità nella pressione nell’impugnare la penna (che può dipendere da molti fattori quali la postura, la stanchezza, la fretta…) quello che rende insoddisfacente questo e altri sistemi di riconoscimento automatico è certamente costituito dalla naturale variabilità della scrittura che, ancora oggi, non può essere soddisfacentemente valutata dai computer.>>
Ma cos’è l’identità della scrittura? Come è possibile riconoscere in grafie, inevitabilmente difformi, i tratti intrinseci che permettono di risalire alla persona o alle persone che le hanno vergate?
<<L’importante – risponde Michele d’Alessandro, professore di Tecnica Peritale alla Scuola di Studi Grafologici dell’Università di Urbino – non è la “forma” delle lettere ma quello che il grande grafologo tedesco Ludwig Klages chiamava il Grundrhytmus, il ritmo, il “respiro”, della scrittura, che un falsario non può certo riproporre, limitandosi egli a riprodurre il “disegno” delle singole lettere e , se bravo, i legamenti tra le lettere e qualche altro elemento. Un altro importante elemento di indagine è l’analisi della velocità della penna sul foglio, in molti casi, evidenziata da grumi di inchiostro e/o da “zebrature” nel tratto. Vi è poi un aspetto particolarmente intrigante dell’indagine peritale: la contraffazione dei testamenti, nei quali il falsario si ingegna a riprodurre il tremolio, tipico della scrittura della persona anziana. Generalmente il falsario “occasionale” si tradisce realizzando un po’ dovunque un tremore energico e netto; se è particolarmente bravo, invece, punterà le sue attenzioni su un segno caratteristico: l’”attacco” delle iniziali di parola, che, nelle scritture di persone anziane, risulta impastato, sbavato, più carico d’inchiostro, perché la mano instabile indugia notevolmente su di esso prima di iniziare il percorso.>>
A proposito di testamenti. La “mano guidata” e cioè una persona che, in qualche modo, “aiuta” la mano dell’anziano a vergare il testamento costituisce ormai un “classico” della Grafologia giudiziaria. Come è possibile capire se l’aiuto abbia effettivamente rispettato la volontà del soggetto o se, invece, è stato operato un plagio?
<<Forse perché sono sospettoso per deformazione professionale – continua d’Alessandro – ma non mi ha mai convinto molto la storia del vecchio in cattive condizioni di salute o prossimo alla morte che, invece di dettare ad un notaio le proprie volontà, si fa “aiutare” da qualcuno che, guarda caso, risulta poi essere il beneficiario del testamento. Comunque, secondo la Grafologia giudiziaria si ha la “mano guidata” quando una mano estranea aiuta attivamente un soggetto, (pienamente cosciente, ma troppo debole per scrivere da solo) a scrivere senza forzarne la volontà ma sostenendogli la mano e aiutandolo a rafforzare o integrare quei movimenti che costituiscono i percorsi della penna sul foglio. Le caratteristiche di una tale scrittura, sono relativamente modeste ma comunque individuabili. Generalmente nei tratti rettilinei discendenti vi è una composizione di forze dirette nello stesso verso, quindi un rafforzamento e un maggior sviluppo di essi. Alcuni studiosi (primo tra tutti il Locard, della Polizia Scientifica di Lione) segnalano in questi casi, l’ispessimento e l’allungamento anomalo delle aste discendenti, in particolare le gambine delle “m” e delle “n”. Ciò si spiega considerando che nelle due mani scriventi è presente l’impulso per la tracciatura del tratto già concepito a livello cerebrale, con la sola variazione del maggiore sviluppo rettilineo. Nei percorsi curvilinei, come connessioni, occhielli, anelli, invece, si generano conflitti tra le abitualità delle due mani, che danno luogo a malformazioni nei profili delle lettere, dilatazione degli occhielli, connessioni interletterali angolose, spazi esagerati, tremori, attacchi variabili. Quando, invece, la mano che guida s’impone con la violenza, il conflitto tra le due volontà si traduce in sforzi di tracciamento contrastanti che generano segni notevolmente confusi e affondamenti nella carta, (se il testo è stato vergato con una penna a sfera) mentre quasi nulla rimane delle caratteristiche della scrittura del soggetto.>>
A volte la Grafologia giudiziaria segue strade davvero insolite. Luigi Altamura, cinquant’anni di perizie grafologiche – da quella sui delitti del “Mostro di Firenze” alle lettere del Principe di San Severo, il geniale alchimista del “700 napoletano – eppure, di una conserva un ricordo tutto particolare.
<<L’incarico verteva su alcuni slogan, tracciati con bombolette spray e inneggianti alla lotta armata: erano stati scritti, o no, dalla stessa persona che, con un pennarello, in un’altra città, esaltava gli “espropri proletari”? Gli annali della Grafologia registrano perizie su scarabocchi, su scritture vergate da persone prive dell’uso delle braccia, quali boccografie e podografie. ma l’analisi di scritte effettuate con la bomboletta spray ha imposto di considerare tutta una serie di parametri davvero inusuali nella Grafologia giudiziaria. Ad esempio, l’assenza di un punto di contatto tra il mezzo scrivente e il supporto, i movimenti delle braccia (molto più limitati di quelli delle dita), la velocità di scrittura verosimilmente elevata considerando il tipo di slogan, l’intirizzimento delle dita determinato dall’istantaneo raffreddamento del gas che fuoriesce dalla bomboletta… >>
E cosa può dirci dei falsari? Nel corso della sua carriera le sarà pur capitato di conoscere un falsario professionista.
<<Sono persone che hanno sviluppato una sbalorditiva capacità di assimilare il tratto grafico, quasi compenetrandosi nella psiche della loro vittima. Un falsario professionista non usa il metodo del ricalco, troppo facile da smascherare. Solitamente dopo aver impiegato giorni, se non addirittura settimane, per “fare propria” la grafia da imitare, poniamo una firma, e dopo avere analizzato i cinematismi che l’hanno prodotta, si esercita scrivendo dapprima sillabe, poi l’intera firma da imitare. A questo punto, ha due strade da percorrere: l’imitazione “lenta” (realizzata, cioè tenendo a portata d’occhio la firma originale) e quella “di getto”. Nel primo caso l’innaturale lentezza e la titubanza del tratto sarà rilevata da alcuni elementi quali, ad esempio, variazioni nello spessore del tratto e anomalie nella “colata” dell’inchiostro, rilevabili con il microscopio; nel secondo caso il falsario esperto, e cioè consapevole dell’impossibilità di riprodurre “di getto” tutti gli elementi di una firma, (connessioni interletterali, allineamento, filetti di inizio, punti di attacco delle lettere anellate, piccoli occhielli, “uncini”, svolazzi, paraffi, filetti di inizio, forma e posizione dei puntini…) volutamente ne trascurerà alcuni, sperando di mimetizzare le difformità tra la firma originale e quella falsa nella naturale variabilità della scrittura. Comunque, come tutti gli “artisti” anche il falsario professionista non è mai soddisfatto della sua opera e finisce sempre per aggiungervi qualche elemento che dovrebbe renderla più credibile ma che non sfugge ad una attenta perizia grafologica.>>
Ed un perito grafologico come opera?
<<Studiando con pazienza maniacale i cinematismi, le pressioni della scrittura, le pulsioni emotive che traspaiono da questa, le condizioni fisiche del soggetto, le modalità con le quali è stato vergato il documento … Se non fosse una bestemmia, risponderei che un perito grafico opera come un falsario professionista.>>
Di falso in falso
È stato Lorenzo Valla a smascherare, nel 1440, quello che è certamente il più famoso falso della Storia: la cosiddetta “Donazione di Costantino”, un documento (“inventato”, probabilmente nell’VIII secolo, nel monastero francese di Saint-Denis) con il quale l’imperatore Costantino avrebbe messo nelle mani della Chiesa di Roma il potere dell’Impero romano. Nel 1898 Crépieux-Jamin, con una perizia che segna la nascita della Grafologia, scagiona Alfred Dreyfus: un ufficiale dell’esercito francese ingiustamente accusato di essere una spia tedesca. Nel secondo dopoguerra agguerriti grafologi smascherano uno dopo l’altro falsi “diari” venduti a peso d’oro a riviste e giornali: i “diari di Mussolini”, i “diari di Churchill” ma, soprattutto, i “diari di Hitler” che si rivelano essere il più colossale “bidone” giornalistico di tutti i tempi. Nel 1993 un altro sconvolgente documento: il diario di Jack lo Squartatore. È stato scritto o no nel 1888 da James Maybrick, un commerciante scozzese che avrebbe commesso i delitti sotto l’influsso di droghe, o è il più sofisticato falso mai realizzato? Ancora oggi, periti grafologici, storici, esperti in inchiostri…. cercano, invano, una risposta definitiva.
Assegni falsi
Assegni bancari. Ogni anno in Italia ne circolano 650 milioni. Oltre 500.000 sono falsi: un crimine da 10.000 miliardi realizzato fino a ieri con la scolorina, oggi con il laser.
Come difendersi? Intanto compilando gli assegni con una penna a sfera (mai e poi mai con una stilografica o con una macchina da scrivere elettrica). Anche a costo di apparire paranoici, delimitate sempre l’importo e il destinatario con due sbarrette e aggiungete la dicitura “Non trasferibile”; ancora meglio, utilizzate uno dei tanti metodi anticontraffazione acquistabili in cartoleria (liquidi protettivi, inchiostri indelebili, strisce autoadesive…).
Se spedite assegni via posta, (ma sarebbe più prudente il bonifico bancario) utilizzare sempre una lettera assicurata. Se proprio dovete accettare un assegno da uno sconosciuto, controllate almeno che i titoli non presentino cancellature o abrasioni, magari nascoste dietro timbri o numerose girate.